Essere un uomo e diventare un campione per amore dello sport, una condizione che permette di vincere le difficoltà e le avversità, la capacità di riconoscere e superare le barriere: queste sono state le principali linee guida dell’incontro tenutosi a Lecce dal tema “Attività Paralimpica in Puglia e nel Salento”.
A Lecce, presso la Sala Raffaello del “Grand Hotel Tiziano e dei Congressi, l’evento è stato organizzato dal comitato provinciale FCI Lecce e dalla commissione tecnica del settore paralimpico, composta dal responsabile regionale Carlo Calcagni e dal componente tecnico Adriano Bolognese, entrambi di recente nomina.
All’incontro sono intervenuti anche Antonio Pascali (presidente provinciale Coni), Gaetano Messuti (vice sindaco di Lecce), Saverio Congedo (consigliere della Regione Puglia), Tiziana Dario (psichiatra del Dipartimento di Salute Mentale ASL di Brindisi), Mauro De Rinaldis (vice presidente regionale della Federciclismo Puglia), Sergio Quarta (presidente comitato provinciale FCI Lecce), Dario Russo (segretario FIAB-Federazione Italiana Amici della Bicicletta) e Giancarlo Capoccia (promotore piste ciclabili a Lecce).
Lo sport costituisce un ruolo chiave sia in ambito ludico che nell’integrazione. E proprio da questo assunto che il dibattito si è aperto con il saluto di Calcagni e la proiezione di un video amatoriale da lui stesso girato durante la recente cronometro di Salice Salentino che lo ha visto partecipe alla guida del suo triciclo, per l’occasione modificato in modo da poter consentire ad un giovane affetto da SLA, seduto in carrozzina dietro di lui, di assaporare il vento e la felicità di una corsa altrimenti impossibile.
La testimonianza di Carlo Calcagni è nota a tutti: dal 2002 combatte la sua interminabile battaglia quotidiana contro l’uranio impoverito ammalandosi dopo una missione internazionale di pace in Bosnia nel 1996.
Da allora egli è costretto a molteplici cure mediche, ma è rinato grazie alla passione per il ciclismo che da pochi anni si è reinventato sulle tre ruote (triciclo) continuando a vincere premi, a salire agli onori delle cronache e a ricevere riconoscimenti nazionali ed internazionali.
Calcagni ha posto l’accento sulla partecipazione e sull’inclusione degli atleti paralimpici a tutte le manifestazioni e non solo limitate alle cronometro. In più ha aggiunto che “lo sport paralimpico insegna che soltanto chi non si arrende diventa forza, per sè e per gli altri, di incredibili imprese, soltanto chi si riscopre vivo nella malattia si fa voce, mani, gambe per chi ha perduto la speranza”.
Nel corso del suo intervento Adriano Bolognese ha messo a nudo le innumerevoli difficoltà incontrate 7 anni fa quando l’incidente subito ha devastato la propria esistenza. Il supporto della famiglia e lo sport praticato come handbiker gli hanno permesso di ritrovare la grinta e le potenzialità che erano andate perdute.
Sono stati tanti gli spunti di riflessione che hanno avuto come temi la politica del “fare bene”, lavorando con le amministrazioni comunali all’abbattimento delle barriere architettoniche, messaggio sostenuto da Gaetano Messuti, cui si è affiancato quello di Dario Russo, che ha sollecitato la necessità di potenziare l’utilizzo della bicicletta in città rispetto a quello delle auto.
“Fondamentale è rendersi protagonisti del cambiamento, senza attendere che siano le Istituzioni a trovare soluzioni, ma proponendole dal basso ed esigendo, come diritto, la possibilità di individuare, a partire dalle esigenze reali, strategie condivise” ha dichiarato il presidente provinciale del Coni Antonio Pascali.
“La bicicletta può rappresentare uno strumento che è un grande maestro di vita – ha commentato il presidente provinciale FCI Lecce Sergio Quarta -. E’ inoltre indispensabile poter offrire ai disabili occasioni per rinascere e gioire, momenti di incontro per condurli fuori dalle mura domestiche, avere la possibilità di regalare loro l’emozione della libertà, di una libertà speciale in un corpo che rischierebbe di diventare una prigione”.
“Il corpo, infatti, nella sua integrità con la mente, rende viva la Persona; e proprio la Persona, non la persona disabile o diversamente abile, ha il diritto di essere posta al centro di un progetto di inclusione nel contesto sociale” secondo il contributo della dott.ssa Tiziana Dario, che ha dato risalto alla capacità, unica e personale, di resilienza, che rende possibile riadattarsi e reinventarsi nonostante le avversità.