Di CicloZeman – L’edizione 2022 della Grande Boucle è ormai in archivio. Le sue cronache sono patrimonio della storia, ma le tre settimane in Francia meritano un’analisi attenta, fra chi ha convinto e chi ha fallito, fra i team migliori e peggiori. Abbiamo messo in fila i temi principali di un’edizione comunque da ricordare.
PROMOSSI
JONAS VINGEGAARD (Jumbo Visma)
Un campione in bici e fuori. Tanto attento e puntuale in gara quanto riservato all’esterno, ma capace anche di gesti importanti come quello di attendere Pogacar suo rivale dopo la caduta. Il danese si è rivelato semplicemente il più forte in salita, ma la vera impresa l’a compiuta forse nella crono finale.
WOUT VAN AERT (Jumbo Visma)
Il vero protagonista di questo Tour, capace di tre vittorie di tappa, della conquista della classifica a punti ma soprattutto autore di una corsa straordinaria, sempre in prima linea e colossale nella difesa del suo capitano Vingegaard. Una sola richiesta: non puntare alla classifica, lo svilirebbe.
GERAINT THOMAS (Ineos Grenadiers)
Grande risposta a chi lo considerava finito: il gallese porta a casa un podio che legittima anche la vittoria un po’ a sorpresa del 2018, dimostrando che quando non ha problemi fisici, è ancora un riferimento. Ha supplito alla defaillance di Martinez.
NAIRO QUINTANA (Arkea Samsic)
E chi se lo sarebbe mai aspettato il colombiano ancora protagonista in classifica… Alla fine era sinceramente cotto, ma ha dimostrato di essere ancora corridore da grandi Giri, quello che vinse la corsa rosa nel 2014 e la Vuelta nel 2016. Una resurrezione davvero inattesa.
DAVID GAUDU (Groupama FDJ)
Il suo quarto posto in classifica è la dimostrazione che la maturazione del francese, che da Under 23 rivaleggiava con Pogacar, è arrivata a compimento. Stavolta si è saputo gestire, anche se la distanza per arrivare alla maglia gialla è ancora forte. Dovrebbe intanto puntare a uno degli altri grandi giri.
LOUIS MEINTJES (Intermarché Wanty Gobert)
Il sudafricano si è confermato uomo affidabile, alla sua terza Top 10 al Tour e ancora una volta in crescita per tutte le tre settimane. Non è forse corridore da grandi acuti, ma sa interpretare come pochi gare così lunghe, dove serve una grande conoscenza di se stessi.
THOMAS PIDCOCK (Ineos Grenadiers)
Il corridore britannico, al di là della vittoria di tappa, ha dimostrato che in futuro potrà puntare anche a un grande giro. Per farlo dovrà però mettere ordine fra le sue mille attività: biker, ciclocrossista, cacciatore di classiche, corridore da gare a tappe, deve ancora trovare la sua identità.
CORRIDORI AMERICANI
Fateci caso, fra il 13° e il 21° posto ce ne sono ben 4 (Powless, Kuss, McNulty, Jorgenson). A prima vista può sembrare poco, invece è il segnale che il ciclismo a stelle e strisce, cancellato dalle cartine dopo la controversa era Armstrong, inizia a fiorire. Ora manca solo il campione assoluto.
BOCCIATI
TADEJ POGACAR (Uae Team Emirates)
Bocciare un corridore secondo in classifica con tre tappe vinte può sembrare ingeneroso, ma Pogacar ha commesso evidenti errori, sia prima del Tour che soprattutto in corsa, dilapidando un patrimonio di energie in rincorse inutili. Con un pizzico di raziocinio in più non avrebbe rivali.
DANIEL MARTINEZ (Ineos Grenadiers)
Il colombiano doveva raccogliere l’eredità dell’assente Bernal, in primavera aveva fatto vedere di poter puntare al grande traguardo, ma in Francia è stato la pallida copia di se stesso, incapace anche di dare manforte a Thomas. Un fallimento completo.
PRIMOZ ROGLIC (Jumbo Visma)
Più indizi fanno una prova: lo sloveno non ha il carattere per cogliere il traguardo grosso, forse schiacciato dal peso della maglia gialla e da quanto successo due anni fa. La sfortuna si accanisce contro di lui, ma ora con un Vingegaard così avrà ancora chance? Difficile crederlo…
RIGOBERTO URAN (EF Education EasyPost)
Davvero triste vedere il colombiano tante volte protagonista relegato a un ruolo di mera comparsa. A 35 anni ha probabilmente imboccato la parabola discendente, ma almeno uno squillo era lecito attenderselo, invece non si è davvero mai visto, mettendo in difficoltà anche la sua squadra.
VELOCISTI
Li mettiamo un po’ tutti insieme perché nel contesto del Tour sono stati marginali. I vali Jakobsen, Groenewegen, Philipsen si sono spartiti i successi ma non hanno mai dato davvero spettacolo, in quest’ambito il Giro è stato sicuramente più probante, a dispetto di un parterre de roi.
PAGELLE SQUADRE
UAE TEAM EMIRATES: 5
Una sconfitta su tutta la linea per la squadra degli Emirati Arabi, costruita in inverno per da manforte al capitano Pogacar ma scioltasi come neve al sole, lasciando al solo McNulty il compito di supportarlo. Oltretutto manca anche quel polso necessario per consigliare lo sloveno nelle sue scelte strategiche.
JUMBO VISMA: 9
Qualche scelta è sembrata discutibile, ma alla fine la squadra olandese ha sbaragliato il campo con 3 maglie portate a casa compresa quella gialla e 6 successi parziali, pur dovendo fare a meno di Roglic messo ancora fuori gioco dalla sfortuna. Oltre allo straordinario Van Aert, ammirevoli Benoot e Kuss, gregari di lusso.
INEOS GRENADIERS: 7
Non è più la squadra dominatrice di qualche tempo fa, ma considerando i problemi affrontati (Bernal docet) il bilancio è positivo. Thomas è tornato quello del Tour 2018, Pidcock ha dato sprazzi di gran classe, Yates si è adattato al ruolo di braccio destro. Le delusioni sono Martinez, che doveva essere il leader e Castroviejo.
AG2R CITROEN: 6
Una sufficienza stiracchiata merito dell’acuto del vecchio Jungels a Chatel. La delusione è stata O’Connor, pronosticato sul podio, ma anche i giovani Cosnefroy e Paret Peintre dopo un inizio promettente sono scomparsi dalla scena. CI si attendeva molto di più.
BORA HANSGROHE: 6
Il 5° posto finale di Vlasov non può bastare per una squadra che veniva annunciata come una delle leader della corsa. Kamna ha confermato la bella impressione del Giro (ma due grandi corse a tappe forse sono troppe), male invece tutti gli uomini da salita, da Schachmann a Konrad. In Italia le cose erano andate meglio.
QUICK STEP ALPHA VINYL: 5,5
Le vittorie di Lampaert e Jakobsen potevano garantire la sufficienza a una squadra che solo sulla carta puntava alla classifica con Cattaneo. Quel che non ha convinto è stato il manico del team, con l’assurda decisione di abbandonare al proprio destino Morkov sui Pirenei. Un’autentica sciocchezza.
MOVISTAR TEAM: 5
Fuori dal Tour Mas che stava lottando per entrare nella Top 10, la squadra spagnola si è ritrovata con nulla in mano. E’ urgente una rifondazione del team che sembra aver perso la sua identità. Attenzione però all’americano Jorgenson, che potrebbe regalare gioie in futuro.
COFIDIS: 5
Venuto presto a mancare Martin, spremutosi troppo al Giro, la squadra ha provato a lasciare il segno episodicamente con Lafay, Perez e Thomas, ma senza costrutto. E’ piaciuto molto il tedesco Geschke, alla fine secondo nella classifica dei GPM. Un po’ poco per la squadra di casa.
BAHRAIN VICTORIOUS: 4
Un fallimento totale, con i leader Haig e Caruso completamente fuori forma al pari di Mohoric. Alla fine chi ha provato a tenere salda la baracca è stato il giovane britannico Fred Wright, assolutamente inatteso, ma troppo poco per una squadra costruita per ben altri traguardi.
GROUPAMA FDJ: 7
L’obiettivo dichiarato, con Gaudu, Pinot e Storer era poter competere per il podio e alla fine il quarto posto di Gaudu premia l’impegno del team transalpino, soprattutto grazie alla maturazione di quest’ultimo. Pinot ha confermato invece i problemi mostrati per tutta la stagione, Storer impalpabile, ma i gregari hanno lavorato bene.
ALPECIN DECEUNINCK: 6
Un bilancio salvato proprio in extremis da Philipsen vincitore del prestigioso traguardo degli Champs Elysees, mentre il capitano Van Der Poel ha pagato di colpo tutti gli sforzi prodotti da inizio anno pe tornare ai suoi livelli dopo il mal di schiena.
TEAM DSM: 6
Bardet è andato a corrente alternata, ma ha comunque centrato la Top 10 considerando che forse la forma migliore l’aveva al Giro d’Italia. Bene Dainese, capace di un podio parziale anche se deve ancora crescere. La squadra va però rafforzata con gente in grado di reggere il colpo in salita.
INTERMARCHE’ WANTY GOBERT MATERIAUX: 7
Ormai la formazione professional è una garanzia: dopo lo splendido Giro d’Italia ha confezionato un Tour degno, centrando l’obiettivo di portare Meintjes fra i primi 10 per la terza volta in carriera. Il mai dopo Kristoff ha sfiorato il colpaccio a Parigi, gli altri si sono tutti messi in evidenza a turno.
ASTANA QAKAQSTAN TEAM: 6
Qui va sottolineata la bella prova di Lutsenko, issatosi nelle parti alte della classifica grazie alla sua regolarità. Non si poteva pretendere molto altro dalla squadra stante la perdurante crisi di Moscon e un Dombrowski pallida copia dell’ottimo corridore dell’edizione scorsa.
EF EDUCATION EASYPOST: 6
Se è venuto completamente a mancare Uran come uomo di classifica, gli uomini del team hanno supplito cercando i traguardi parziali. Cort ha centrato l’obiettivo, Bettiol lo ha solo sfiorato, Powless si è fatto vedere come uno dei corridori più attivi.
TEAM ARKEA SAMSIC: 7
Chi si sarebbe aspettato un Quintana protagonista per tutte e tre le settimane? IL colombiano ha chiuso sulle ginocchia, ma ormai la Top 10 era in salvo e l’ha meritata. Barguil è andato a sprazzi, qualcosa di più era lecito attendersi da Hofstetter, corridore tra i più regolari come piazzamenti nel resto della stagione.
LOTTO SOUDAL: 5
Una delusione totale la squadra belga, con Ewan che non ne ha indovinata una, Gilbert al suo canto del cigno, Wellens completamente amorfo. Considerata da sempre l’antitesi della Jumbo Visma, forse va rivisto qualcosa considerando i successi dei cugini, soprattutto in ottica corridori da classifica.
TREK SEGAFREDO: 6,5
Il merito della squadra americana è stato quello di aver costruito qualcosa con quando si aveva in mano: Pedersen ha centrato una tappa, Ciccone ha chiuso terzo nella classifica dei GPM anche se non era assolutamente al suo meglio. Bene anche il giovane Simmons, che meriterebbe più fiducia.
TOTALENERGIES: 5
L’impressione è che ormai Peter Sagan, il grande investimento del team, sia al tramonto e dagli altri non sono arrivati grandi squilli né per supportarlo, né per sostituirlo. Qualcosa in più era lecito attendersi da Turgis, molto appariscente nel cammino di avvicinamento al Tour.
ISRAEL PREMIER TECH: 7
La “squadra dei vecchietti” ha fatto pienamente il suo dovere, con Houle e Clarke che hanno portato a casa due tappe prestigiose, soprattutto il secondo vincitore sul pavé. Davvero sfortunato Woods, fermato dal covid prima dell’ultima tappa. In qualche sprazzo si è rivisto anche Froome.
TEAM BIKEEXCHANGE – JAYCO: 7
La vittoria di Matthews, beffando il nostro Bettiol è stata il premio per una squadra che ha colto anche il successo con il ritrovato Groenewegen. Il team, a forte trazione australiana, chiude con un bilancio molto positivo, persistendo nella scelta di non puntare su corridori da classifica.
B&B HOTELS-KTM: 6
Era la squadra chiamata a smuovere le acque nelle prime fasi delle tappe e il compito è stato assolto, ma chi è piaciuto di più è stato il nostro Luca Mozzato, sempre piazzato quando ci sono state volate. Bene ache Gougeard, spesso all’attacco.
Credit photo: Cyclingnews