Domenica 19 novembre 2023 si celebra la Giornata mondiale in memoria delle vittime della strada, proclamata dall’Onu nel 2005. Un momento di ricordo che tocca profondamente l’Italia e che ci obbliga a riflettere sulla strage che si consuma quotidianamente nel nostro Paese.
Come Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta ci occupiamo da oltre trent’anni della sicurezza delle persone, promuovendo una mobilità rispettosa di tutte e tutti, fornendo analisi e strumenti per migliorare la qualità della mobilità attiva, perché l’Italia si allinei agli standard europei da cui ancora è molto distante.
Siamo quindi molto preoccupati per le misure contenute nel Ddl “Sicurezza stradale”. Dal Ddl emerge un approccio coercitivo e sanzionatorio che ignora la visione scientifica del tema e trascura gli strumenti necessari per salvare la vita delle persone. I provvedimenti indicati, a nostro avviso, contengono errori grossolani e distorsioni pericolose che portano a una riforma stragista, che affermando di salvaguardare chi va in bici, in realtà persegue ancora una visione autocentrica e ormai insostenibile.
In Italia, solo nel 2022, sono 3.159 le morti dovute a collisioni stradali e 223.475 i feriti. Le collisioni stradali sono la prima causa di morte per i giovani sotto i trent’anni e nel 2022 i decessi sono aumentati del 9% rispetto al 2021. Non ci stanchiamo di ripetere che le principali cause di morte sono l’alta velocità, la guida distratta, il mancato rispetto degli attraversamenti pedonali e il mancato rispetto della distanza di sicurezza (ISTAT). Sono questi i fattori su cui bisogna intervenire.
In particolare dobbiamo considerare che le vittime sono aumentate in tutti i segmenti di utenti della strada rispetto al 2021, fatta eccezione per i ciclisti (-7%) per i quali la mortalità continua a diminuire (-33% negli ultimi dieci anni, -50% negli ultimi venti) a fronte di un forte incremento della mobilità ciclistica e a dimostrazione del principio safety in numbers, ovvero più ciclisti, più sicurezza per tutti.
Le proposte del Ddl disincentivano l’uso della bicicletta muscolare e a pedalata assistita, non promuovono l’intermodalità e soprattutto non contrastano l’uso eccessivo dell’auto privata nei centri urbani (in Europa svettiamo per il numero di auto pro capite, 67 auto ogni 100 abitanti). Limita le ZTL, gli autovelox e non fa riferimento all’introduzione delle città 30.
Siamo sempre più lontani dalla direzione indicata dalla comunità scientifica e dalle direttive europee che, non dimentichiamo, hanno l’obiettivo di azzerare il numero delle vittime della strada entro il 2050, con una tappa intermedia che prevede il dimezzamento delle vittime e dei feriti gravi nel 2030.
Il cambiamento culturale che ci attende chiede che la mobilità attiva sia al centro della transizione ecologica ed energetica, per strade più sicure, meno inquinate e stili di vita sostenibili. Sono questi i temi che animeranno anche le mobilitazioni “Viva la strada” del 19 novembre in tante città italiane.
Rispediamo al mittente l’accusa di sostenere posizioni ideologiche quando promuoviamo la mobilità attiva e sostenibile. I dati parlano chiaro e oltre al numero di vittime di violenza stradale, ricordiamo il problema della sedentarietà e dell’obesità che colpisce le generazioni più giovani. L’Italia è tra i paesi europei con i valori più elevati di eccesso ponderale nella popolazione in età scolare, con una percentuale di bambini in sovrappeso del 20,4% e di bambini obesi del 9,4%, compresi i gravemente obesi che rappresentano il 2,4%. Secondo l’OMS le infrastrutture sicure per andare a piedi o in bici sono uno strumento per raggiungere una maggiore equità sanitaria e riducono il rischio di malattie cardiache, ictus, nonché alcuni tipi di cancro. Parliamo anche dei livelli inaccettabili di inquinamento delle nostre città e delle morti premature: 72mila e 40mila morti per, rispettivamente, l’esposizione della popolazione a concentrazioni di PM2,5 e biossido di azoto (NO2), che superano le soglie indicate dall’OMS (fonte Cittadini per l’Aria Onlus).
In quest’ottica le infrastrutture ciclabili dovrebbero essere realizzate come si realizza una politica sanitaria. Come FIAB chiediamo che il Governo investa in Salute per evitare di spendere in Sanità.
L’anno scorso, in occasione della Giornata in ricordo delle vittime di violenza stradale, ci siamo rivolti al Presidente Mattarella, che ringraziamo per aver accolto il nostro appello ribadendo che “l’elevato numero di persone che perdono la vita o che rimangono gravemente ferite sulle nostre strade costituisce una sofferenza sociale inaccettabile. Le vittime del traffico stradale sono un prezzo che la comunità non può tollerare”. Il Presidente della Repubblica ha inoltre parlato di “cultura della responsabilità”.
FIAB vi rivolge la stessa richiesta: rappresentate le cittadine e i cittadini del nostro paese, è fondamentale che il Parlamento faccia sentire la sua voce e assuma le sue responsabilità. La riforma del Codice della Strada necessita del supporto del Parlamento e della collaborazione di associazioni che – come FIAB – lavorano per la sicurezza delle persone e la difesa dello spazio pubblico.
Chiediamo al Parlamento di svolgere la funzione più alta e per cui è stato eletto dai cittadini: decidere. Mettendo da parte interessi di categoria, posizioni partitiche, interessi elettorali e avendo come unico obiettivo il benessere delle persone. Siete la voce pubblica di tutte e tutti: fatevi sentire.
Cordiali saluti, FIAB Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta