Riceviamo e con piacere pubblichiamo l’intervento del Dott. Enrico Fora Condirettore ACSI Magazine
“L’umanità deve mettere fine alla guerra o la guerra metterà fine all’umanità”.
Questo assioma di John Fitzgerald Kennedy è un lugubre presagio che deve indurre il “global establishment” ad una ferma e responsabile presa di coscienza. Prima di analizzare il countdown agonico del popolo ucraino dobbiamo risalire ai prodromi della crisi.
Diciamo tout court che le pulsioni espansioniste del nostalgico zarista di Mosca erano state diffusamente proclamate. La miopia politica di una mediocre dominant class non ha percepito il fungo belligerante (auspichiamo non sia atomico!) che cresceva esponenzialmente nelle esternazioni mediatiche. Una visione lungimirante avrebbe attivato la “prevenzione diplomatica” come quella attuata nel 1971 dagli USA e dalla Cina per allentare le tensioni della “guerra fredda”.
Ma la presunta “intellighenzia” che governa il pianeta non ha intuito le libidini del rampante Vladimir ex maggiorente del KGB. E’ la stessa obnubilata “intellighenzia” che pontifica nei summit sull’ambiente con il demagogico mantra degli impegni assunti “sine die” ignorando le legittime rimostranze dei millennials e le drammatiche emergenze denunciate dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change).
Etica e consapevolezza sono ormai come le fumose, assurde utopie rappresentate da Samuel Beckett nel quanto mai attuale “Aspettando Godot”. Anche gli indios dell’Amazzonia attendono il fantomatico Godot mentre le multinazionali deforestano impunemente il polmone verde del pianeta.
L’assenza di una “visione olistica e lungimirante” è il denominatore comune dei politici lillipuziani che guardano – con un visus limitato – alle prossime elezioni. I politici giganti (ma dove sono?) dovrebbero, invece, guardare responsabilmente alle future generazioni. I media internazionali trasmettono dall’Ucraina il bisturi cruento di una nuova Guernica che Pablo Picasso affondò emotivamente nella coscienza dell’umanità lacerando il velo ipocrita degli ignavi.
Giovani virgulti russi ed ucraini vengono brutalmente tranciati dalla falce della guerra immolandosi per l’Europa che scopre finalmente – con un imperdonabile ritardo – il valore dell’unità politica. Quale autorità esercita un salomonico arbitrato? Gli unici organismi “super partes” dovrebbero essere le pletoriche assise dell’ONU. Ma non sono affidabili in quanto “schiavizzate” dai veti incrociati delle superpotenze.
La risposta può giungere soltanto dal basso, da una consapevole “noosfera” planetaria. L’associazionismo sportivo – universalmente riconosciuto quale mediatore sociale – è legittimato a mobilitare una rete cosmopolita di condivisione, di solidarietà e di sostegno. Ripristinare la “ping pong diplomacy” significa invitare russi ed ucraini intorno ad un tavolo per giocare a scacchi, per conoscersi, per dialogare senza vinti e vincitori con le “armi” dell’empatia e del fair play.
Questa disciplina sportiva – molto diffusa nei Paesi dell’Est – è stata certificata dalle neuroscienze per le sue valenze psicoterapeutiche. Dall’incontro potrebbe emergere una costruttiva e pacifica dialettica attivando la “prevenzione diplomatica” inaugurata da USA e Cina all’insegna della distensione internazionale, dell’ecumenismo sportivo e della nuova civiltà dell’empatia anelata dalle anime evolute.
Nel corso della prima guerra mondiale (1914 – 1918) i soldati inglesi e tedeschi, acerrimi nemici, furono protagonisti di un evento straordinario. Gelida notte natalizia del 24 dicembre 1914 nelle Fiandre (Belgio). Nella trincea i soldati tedeschi intonarono i canti tradizionali del Natale. Dalla trincea nemica inglese si levò un controcanto festoso. Oltre 100mila soldati inglesi e tedeschi uscirono dalle trincee per celebrare “empaticamente” il Natale.
Nei giorni successivi disputarono anche un incontro di calcio nella “terra di nessuno” fra le contrapposte trincee. Questo sublime episodio di surreale tregua natalizia, di storico “ecumenismo sportivo” non è stato mai ufficializzato dalle rispettive autorità militari. Ma è stato documentato dai fotoreporter di guerra.
Enrico Fora
Condirettore ACSI Magazine