Riportiamo il comunicato stampa pubblicato dalla Lega Ciclismo Professionistico nel sito .
“Abbiamo letto con attenzione la lettera del Presidente AOCC dei giorni scorsi, interpretandola come uno stimolo a una discussione, anche pubblica, sugli scenari futuri del nostro calendario e del ciclismo professionistico. Ci pare però oggi molto azzardato ipotecare con certezza date in cui riprogrammare le manifestazioni professionistiche sospese in questi mesi. Poiché molti media hanno ripreso quelle date che costituivano e costituiscono solo delle ipotesi di lavoro, occorre fare chiarezza sulla posizione istituzionale della Lega.
Ci mancano oggi molti elementi senza i quali è impossibile procedere all’ufficializzazione di qualsiasi calendario:
- in primo luogo non c’è ancora nel Paese e nel Mondo una data di ripresa dell’attività ciclistica agonistica, oggi i ciclisti non possono neppure uscire per allenarsi. L’unica decisione presa pochi giorni fa riguarda le date del Tour de France, francamente troppo poco per costruire un calendario affidabile;
- dobbiamo raccogliere tutte le possibili date dagli Organizzatori che intendono riprogrammare le loro gare nel 2020 e/o confermare le date già in calendario. Gare RCS, Tour of the Alps, Giro dell’Appennino, Trittico Lombardo, Giro di Toscana e Coppa Sabatini, ma anche Campionati Europei che si svolgono a Trento stanno facendo tutte le delicate valutazioni, anche in base alle decisioni UCI sul calendario internazionale, che devono portare a una decisione;
- la definitiva proposta italiana va veicolata all’UCI, tramite il Presidente Federale, e approvata. Ci sarà probabilmente una procedura molto semplificata per i Paesi che hanno un calendario molto articolato, come Belgio, Francia, Italia e Spagna, ma è comunque un passaggio necessario trattandosi di gare internazionali;
- dobbiamo valutare tutti gli scenari possibili, compresi quelli più pessimistici o di una ripresa dell’attività possibile solo sul territorio nazionale.
La nostra posizione ufficiale rimane quindi quella di tutela massima per il nostro patrimonio ciclistico nazionale che non può ovviamente prescindere da quelle che sono le priorità dal punto di vista della tutela della salute degli atleti, degli addetti ai lavori e del pubblico.
In questo senso andranno studiati, e lo stiamo già facendo, degli attenti protocolli operativi, perché ogni gara, oltre ai 176 corridori ammessi normalmente (un gruppo davvero numeroso in termini assoluti rispetto a altri sport), ha un seguito importante, tra moto e auto, zone transennate e non, pubblico lungo la strada e nelle zone di partenza e arrivo.
Con squadre e ACCPI, l’associazione corridori, stiamo inoltre provando a tracciare i contorni di un accordo quadro che potrà servire a superare questi momenti terribili senza mettere in difficoltà la sopravvivenza stessa dei team. Se ognuno fa la sua parte, usando intelligenza, correttezza e solidarietà, potremo uscirne con danni limitati.
Siamo convinti che lo sport, e in particolare il ciclismo, possa dare un segnale importante, nella fase di ripartenza del nostro Paese, così come ha fatto dopo tutte le grandi crisi della nostra società, in primis nel dopoguerra. Il lento ritorno alla normalità dovrà passare anche dagli entusiasmi sportivi, senza dimenticare che l’indotto del ciclismo, in tutte le sue declinazioni, dalle manifestazioni agonistiche alla produzione di biciclette e accessori, dal cicloturismo all’attività amatoriale rappresenta una fetta che vale 1,5% del PIL italiano.
Oggi si ragiona della bicicletta come di uno strumento indispensabile soprattutto nelle aree urbane per ridurre gli spostamenti con i mezzi pubblici che non devono essere affollati per garantire il distanziamento necessario. Può essere, riteniamo, un’occasione per molti di riscoprire un mezzo antico e moderno, ecologico e salutare”.